Siamo così giunti (ahimè!) alla season finale di The Walking Dead, la serie tv realizzata dal regista Frank Darabont, basata sull’omonima serie a fumetti scritta da Robert Kirkman.
Lunedì scorso infatti, a un solo giorno di distanza dalla messa in onda americana, abbiamo salutato con l’episodio intitolato “A” questa quarta stagione.
[su_note note_color=”#fff9a6″ radius=”6″ su-note-inner=”box-spoiler” ]Avvertiamo i lettori che la seguente recensione contiene spoiler sulla trama. Se non hai visto l’episodio o non vuoi rovinarti eventuali colpi di scena non continuare a leggere![/su_note]
Una puntata movimenta, coinvolgente, piena di emozione, d’azione, ma anche di introspezione psicologica, che certo non poteva mancare. Se nello scorso episodio avevamo assistito al dolce incontro tra Maggie e Glenn, adesso è la volta di qualcun altro.
Sì, finalmente Rick, Carl e Michonne ritrovano Daryl, sebbene le circostanze non siano delle migliori. Joe e i suoi amici infatti vogliono ancora vendicarsi con Rick per aver ucciso uno dei loro compagni, anche se, da come si sono presi a botte in più di un’occasione, il loro sembra un mero pretesto per rivendicare il loro “potere” sugli altri. Tu hai fatto qualcosa di brutto a me, io faccio di peggio a te. Quello che però Joe non sa è con chi ha a che fare.
Quando uno dei suoi uomini prende Carl e tenta di stuprarlo, beh in quel momento l’ex sceriffo non capisce più niente e sa che deve fare qualunque cosa per salvare suo figlio. Inizia uno scontro all’ultimo sangue, in cui Rick si dimostra violento e mosso da una rabbia cieca, arrivando al punto di mordere e staccare la gola a Joe, e di sventrare l’uomo che aveva l’intenzione di far del male a Carl. Una scena che ci ha lasciati tutti con il fiato sospeso.
Quasi a contrastare l’efferatezza della sequenza appena descritta, viene mostrato un dialogo tra Rick e Daryl, che si può riassumere semplicemente con la frase “Tu sei mio fratello”. Questa affermazione ci ha mostrato quanto questi personaggi si siano legati nel corso delle stagioni, a tal punto da diventare proprio come fratelli. Ma ve li ricordavate questi due nella prima serie? Non si potevano nemmeno vedere, e adesso non possono fare a meno l’uno dell’altro. In un mondo in cui i morti camminano sulla terra e i vivi compiono azione deplorevoli, vedere che c’è ancora un’amicizia sincera come la loro non fa che riempirci di gioia.
Per tutti i quaranta minuti la storia è stata intervallata da flashback che ci hanno riportato in un luogo che è stato per molto tempo casa, ovvero la prigione. Viene soprattutto mostrato come Hershel abbia convinto Rick a lasciare da parte la violenza e a ricostruire la sua umanità, insieme a Carl, che stava sempre di più perdendo la sua innocenza. È stato interessante osservare la trasformazione di Rick, dal “contadino” che abbiamo conosciuto all’inizio di questa quarta stagione, ma ancora più interessante è stato, a parer mio, il contrasto tra il Rick dei flashback e il Rick del presente. Hanno voluto mostrarci come il leader del gruppo dei sopravvissuti avesse deciso di lasciare il comando, la violenza, le azioni estreme, per poter ritrovare la tranquillità di una vita semplice e, perché no, felice. E soprattutto come avesse cercato di aiutare il figlio a ritrovare la sua innocenza ormai perduta, la sua umanità di un tempo. Ma questi eventi vengono come spazzati via dalle scene mostrate nell’episodio, scene di crudeltà, di una ferocia inaspettata, tremenda. Rick ormai non è più quello di un tempo, non è più l’uomo che diceva “noi non uccidiamo i vivi”, e nemmeno quello che cercava una via di redenzione per lui e per il figlio. Adesso qualsiasi azione è concessa se questa fa la differenza tra la vita e la morte di un proprio caro. E come dargli torto. Ma qual è il limite? O meglio, c’è ancora un limite?
Uno dei bei momenti della puntata è stato il dialogo tra Carl e Michonne. I due si sono legati sempre di più in questa quarta stagione, ognuno sembra restituire ciò che manca all’altro. La donna rivela come è morto il figlioletto, e ciò che ha fatto al marito e all’amico contagiati. Beh, noi li avevamo conosciuti alla fine della seconda stagione. Perché quei due zombie che Michonne portava con sé sono proprio loro, Mike e Terry, e non se li è sempre portata dietro come protezione contro gli altri vaganti, ma come punizione per sè stessa. La loro presenza teneva lontano gli altri mostri, ma lei non era altro che un mostro come loro. E Carl capisce di esserlo anche lui. Sa che non è il ragazzo buono che suo padre vorrebbe che fosse. Ma d’altro canto, nemmeno Rick è più lo sceriffo che rispetta la legge, non più.
Il gruppo arriva finalmente a Terminus, dove scoprono ben presto che quel luogo non è ciò che sembra essere. Rick si accorge che le persone indossano abiti e oggetti appartenuti ai loro amici, quindi cosa sarà mai accaduto? Parte una sparatoria a cui segue un inseguimento, ma i nostri protagonisti si accorgono che le persone di Terminus non sparano loro addosso, ma ai piedi, come se non fossero realmente intenzionati ad ucciderli. Allora cos’è che vogliono fare? Circondati e messi alle strette, Rick e il suo gruppo sono costretti a salire su un vagone, e all’interno di esso trovano qualcuno di inaspettato. Glenn e gli altri che nello scorso episodio avevano raggiunto Terminus sono tutti lì, incapaci anche loro di capire quello che sta succedendo, e sopresi al tempo stesso di aver ritrovato gli altri compagni. La puntata si conclude con una frase di Rick molto forte e d’impatto, il suo “hanno fatto incazzare le persone sbagliate” ci lascia presagire cosa potrebbe accadere nella prossima stagione.
Due grandi incognite però rimangono: che fine avrà fatto Beth? La rivedremo mai viva? Dove sono Carol, Tyreese e Judith, che abbiamo lasciato in cammino verso Terminus dopo aver seppellito Lizzie e Mika? Hanno mai raggiunto questo luogo? È un peccato che Rick e Carl ancora non sappiano che la piccola spaccaculi è in realtà ancora viva. Forse proprio lei riuscirà a riportare l’umanità la dove sembra non essercene più.
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