Si è conclusa la puntata che ha segnato la midseason della terza stagione di Once Upon a Time (C’era una volta in Italia), la serie fantasy statunitense in onda su ABC
Avevo buone aspettative per questo episodio, e devo dire di non essere stata delusa: puntata carica sin dai primi minuti, degna di un mid-season finale. Eh sì, perché Once Upon a Time, con grande amarezza dei fan e della sottoscritta, chiude i battenti fino al 9 marzo, data in cui andrà in onda in America l’episodio 12: “New York City Serenade”. Ad ogni modo, è ancora presto per parlarne, torniamo invece all’episodio 3×11.
La precedente puntata ci aveva lasciato con la consapevolezza di un nuovo imminente pericolo. Già, perché dopo il definitivo abbandono di Neverland (costato quasi una decina di episodi) e lo scambio di corpi tra Peter Pan ed Henry, non poteva di certo mancare l’ennesima maledizione: la pergamena utilizzata da Regina per gettare lo storico sortilegio, non è più al suo posto. Inutile dire che ad averla per le mani, è Pan, ancora nel corpo di Henry. Fatte queste premesse, andiamo a parlare, senza ulteriori indugi, di “Going Home“.
[su_note note_color=”#fff9a6″ radius=”6″ su-note-inner=”box-spoiler” ]Avvertiamo i lettori che la seguente recensione contiene spoiler sulla trama. Se non hai visto l’episodio o non vuoi rovinarti eventuali colpi di scena non continuare a leggere![/su_note]
A dare avvio all’episodio, Peter Pan e il suo scagnozzo Felix, la cui fedeltà gli costerà il cuore, e come potete immaginare, letteralmente parlando. Pan difatti, se ne serve per dare vita ad un sortilegio, che a detta dello stesso, non avrà nulla a che spartire con quello scagliato a suo tempo da Regina: un gioco da bambini, al confronto!
Nel frattempo il team al completo, al corrente di ciò che sta avvenendo, discute sul da farsi e Tremotino suggerisce (ancora una volta) il modo: riportare ai loro legittimi corpi, Pan ed Henry, così che quest’ultimo possa prendere possesso della pergamena. Una volta recuperata la stessa, infatti, Regina (proprio perché è stata la prima a lanciarla) potrà respingere la maledizione. Perché vi riesca, una parte del gruppo (Hook, Neal, Charming, Tinkerbell) si attiva per recuperare la potente bacchetta magica della fata nera, custodita dalla ormai deceduta fata Turchina. La restante parte del team invece, si occupa della preparazione dell’incantesimo che darà luogo allo scambio dei corpi. Quelle che seguono, fatta eccezione per il salvataggio della fata Turchina, grazie ad una Tinkerbell che finalmente riacquista fiducia ed ali, sono scene a dir poco deprimenti.
In primo luogo, la morte di due personaggi di tutto rispetto: il maligno Peter Pan e suo figlio, Rumpelstiltskin. Quest’ultimo ha una scioccante rivalsa: dimostra infatti di essere cambiato in meglio, sacrificandosi per il bene di chi ama.
Come viene ribadito, ormai da tre stagioni: “la magia ha sempre un prezzo!“. Sconfiggere un essere potente quanto Peter Pan, comporta il sacrificio di qualcuno che lo sia altrettanto. Dunque, il Signore oscuro, si toglie la vita nell’unico modo possibile: trafigge sé stesso ed il padre, con il tanto decantato pugnale. Così Belle, rispettando il copione “disneyano”, cade in singhiozzi per la morte dell’amato, mentre Bealfire contiene drasticamente il dolore.
A questo punto è la volta di Regina, che si rivela tutt’altro che cattiva: rinuncia all’unica persona che ama (riecco la questione del prezzo!), ovvero Henry, allo scopo di garantirgli una vita felice. Dopo aver raccomandato ad Emma (donna che ha tentato di uccidere più volte nel corso delle prime stagioni, il che ci dà idea di quanto questo personaggio sia maturato) di prendersi cura del figlio, promette loro ricordi felici, sarà lei a procurarli: il suo ultimo regalo.
Al simpatico quadretto devono chiaramente essere inclusi tutti gli altri addii. Emma si divide tra genitori, Neal e Hook. A proposito di Hook, il pirata (per l’ennesima volta) esprime il suo amore per la Swan e riesce a farlo in poche battute: “there’s no a day will go by I won’t think of you” (“non passerà giorno in cui non penserò a voi“). Emma da parte sua s’impegna con un: “Good” (“bene“), che l’uomo peraltro, sembra apprezzare.
Arrivati a questo punto, i cari creatori, Horowitz e Kitsis, non si risparmiano e ci deliziano con delle scene in cui ci viene mostrato il sortilegio fare il suo corso. Ecco dunque Emma e figlio a bordo del mitico maggiolino giallo: li vediamo attraversare il confine, lasciandosi alle spalle Storybrooke e i suoi abitanti, che vengono travolti e coperti dalla nube. Nube che ci viene ulteriormente mostrata (grazie autori, continuiamo pure ad infierire!), mentre invade luoghi a noi cari, destinati a scomparire. Tra questi, la vecchia stanza di Henry, sul cui letto vediamo poggiato il libro di fiabe, lo stesso che ha dato inizio a tutto. Che torni ad essere la chiave di quel tutto?
Ma un momento, potrebbe sembrarlo, ma non è la fine. “Un anno dopo“: è la scritta che ci viene propinata in seguito. Scopriamo che Emma ed Henry vivono sereni in un appartamento di Boston, alla stregua di una famiglia delle pubblicità della Mulino bianco. E proprio come vorremmo accadesse in quelle orride pubblicità, qualcosa interrompe la tranquilla routine mattutina: qualcuno bussa all’uscio di casa. Quando Emma decide finalmente di aprire la porta, non facciamo alcuna fatica (e nel mio caso, siamo ben felici) a riconoscere il pirata, per lei la faccenda è diversa. Inutile dire che, quando lo sconosciuto con un look piratesco improbabile, tenta di spiegare cose ancora più improbabili, Emma non crede ad una sola parola. L’uomo persiste, parlando di un pericolo che incombe sulla famiglia della donna. Pensando erroneamente che passare ai fatti possa semplificare le cose, Hook si getta a pesce per baciare la Swan, che risponde con un sonante colpo nei punti vitali dell’uomo e gli sbatte la porta in faccia. La faccenda del bacio del vero amore, sembra non aver funzionato. L’ultima sequenza della puntata, mostra Emma rientrare in casa con un’espressione palesemente sconvolta e con l’assurda pretesa di fingere il contrario.
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