È andata in onda la scorsa domenica la nuova puntata di Game of Thrones (Il Trono di Spade in Italia), la serie televisiva fantasy creata da David Benioff e D.B. Weiss, trasposizione del ciclo di romanzi de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (A song of Ice and Fire) di George R.R. Martin.
[su_note note_color=”#fff9a6″ radius=”6″ su-note-inner=”box-spoiler” ]Avvertiamo i lettori che la seguente recensione contiene spoiler sulla trama. Se non hai visto l’episodio o non vuoi rovinarti eventuali colpi di scena non continuare a leggere![/su_note]
L’episodio si apre con la piccola Arya, zelante ma annoiata impiegata all'”Obitorio” del Bianco e del Nero. Le sue scene sono fiacche. Sarà perché la Williams è più a suo agio nelle situazioni comiche che in quelle drammatiche? O forse questa storyline non rende giustizia alla complessità dei romanzi. Jaqen H’ghar tenta una riflessione sull’identità che, sebbene interessante, risulta confusionaria. I servitori del Dio dai mille volti sono “uno, nessuno e centomila”: devono esser capaci di aderire perfettamente alle vesti di qualcun altro e, naturalmente, di smettere le proprie. Arya chiede di avere un’altra chance nel “gioco delle facce” e il suo maestro gliela concede: questa volta la ragazza decide di cambiare tattica e di raccontargli la verità. Ogni volta che prova a deviarlo con una piccola menzogna, però, riceve una sonora bacchettata. Ansiosa di avere il controllo di se stessa e della situazione, Arya è costretta a rendersi conto di avere ancora molto da imparare. Ecco perché, con umiltà, torna a lavoro. Non appena Jaqen, acuto osservatore, si accorge che la Stark sta imparando a comportarsi come un bravo medico, che lascia andare i propri pazienti senza affezionarvisi, decide che è il momento di premiarla. Nei sotterranei, per lei e per noi, attoniti spettatori, si apre un ventaglio di possibilità: un numero spropositato di volti, di maschere dietro cui nascondersi per confondersi tra la gente, lasciare il segno e poi sparire, come se non si fosse mai esistiti.
Tyrion finalmente dice a Jorah ciò che penso anch’io ormai da qualche episodio: “Sei il peggior compagno di viaggio che io abbia mai avuto.” Per fortuna il Folletto sa sempre come riuscire a fare conversazione e la butta sul controverso rapporto genitori-figli. Confessa il parricidio e inavvertitamente rivela al già triste e sventurato cavaliere che il suo nobile padre è deceduto in seguito a un ammutinamento. Jeor Mormont è una nostra vecchia conoscenza che ci fa piacere ricordare con affetto. Il ghiaccio è stato rotto: Jorah adesso condivide con il nano le sue idee su Daenerys, sul mondo, sul destino. Proprio quando il tutto sta per trasformarsi in un idillio, però, i viaggiatori vengono interrotti da una banda di spietati schiavisti. L’intelligenza di Tyrion, con una buona dose di orgoglio virile, salva la situazione e fa in modo che si continui a navigare nella direzione giusta: Meereen.
Questa puntata vede il ritorno di Petyr Bealish ad Approdo del re e alla politica. Il suo incontro con Fratello Lancel ci lascia già intuire che dobbiamo aspettarci il Ditocorto di una volta: “Entrambi vendiamo fantasie ma le mie sono più piacevoli” sentenzia tagliente. È nel dialogo con Cersei, però, che ritroviamo il burattinaio che avevamo lasciato nella quarta stagione: all’apparenza Lord Petyr si professa servitore dei Lannister vendendo Sansa e i Bolton. Noi sappiamo, però, che ciò che vuole è “ogni cosa”: è evidente che la sua fedeltà è rivolta esclusivamente a se stesso. Possiamo solo immaginare in cosa consista il suo piano: forse condurre un esercito contro gli uomini che hanno ammazzato l’unica donna che abbia mai amato, sicuramente sbarazzarsi di ogni famiglia potente che possa in qualche modo ostacolare la sua ascesa.
La regina madre, con lui, mostra tutta la sua fragilità derivante da una personalità troppo incandescente e poco incline alla strategia che richiede calma e sangue freddo, doti che appartenevano a suo padre e che la Leonessa non ha ereditato. Sembra subire una metamorfosi, invece, nella battaglia contro i Tyrell. Neppure Lady Olenna esce vincitrice dal duello a colpi di parole contro di lei e, durante l’udienza, Cersei sembra aver pianificato la caduta del nemico mossa dopo mossa. Risulta molto poco credibile, però, che Maragaery venga arrestata per una piccola bugia e che la regina sogghigni come se non avesse alle spalle un passato di amori incestuosi ed extraconiugali.
L’Alto Passero, intanto, rivela il suo vero volto dietro le sembianze messianiche: un uomo che brama il potere e desidera poterlo affermare al di sopra di ogni pretesa terrena. Un potere che non conosce rivali sulla terra: né re né regine né leggi degli uomini.
A Dorne si respira un’imbarazzante aria da commedia all’italiana. Jaime e Bronn si introducono a palazzo grottescamente travestiti. Le coincidenze sono troppe, l’ironia sui volti della “strana coppia” è troppo vistosa, sembra proprio che il tutto sia stato orchestrato dai fratelli Vanzina.
“Uncle Jaime, che accidenti ci fai qui, conciato in quella maniera per di più? “Pomiciando” con il mio promesso a ventimila leghe da casa mai avrei pensato di essere interrotta niente poco di meno che da mio zio!”
“Pensa un po’ che ironia se sapessi che ti ha scoperta tuo padre!”
Il dialogo tra i Lannister riuniti è poco più profondo di questo e, come se non bastasse, al grido di “Arrivano i nostri” si palesano le tre guerriere peggio riuscite dell’intero show.
Le cheerleaders di Oberyn, a cui mancano soltanto i pon pon, fanno un bel po’ di rumore ma non ottengono nulla. La qualità della rissa non si allontana dal tono generale: pugni, coltelli e battute di spirito volano un po’ a casaccio finché, finalmente, un “poliziotto” di Dorne sopraggiunge a riportare l’ordine. Ci auguriamo che nel prossimo episodio la realtà dorniana guadagni interventi più profondi.
È il momento di occuparsi della parte più scottante ma anche meglio riuscita dell’episodio. A Grande Inverno ci sono tutti gli elementi per lasciare lo spettatore inchiodato allo schermo: una storyline avvincente, personaggi la cui profondità psicologica raggiunge le vette più alte dell’intera saga, giovani attori dal talento eccezionale.
Sansa Stark non è più la Sansa dei romanzi, che i lettori affezionati se ne facciano una ragione. Non può più esserlo dopo che il suo corpo e il suo animo sono stati violati da un mostro. Io, però, amo la Sansa letteraria come quella televisiva. Ha subito uno stupro, è vero, ma non credo che questo faccia necessariamente di lei una debole o che la faccia regredire a fasi precedenti della sua evoluzione. La forza di Sansa è sempre stata forza di sopportazione, istinto di sopravvivenza, accanita resilienza. Crescendo le doti naturali della ragazza si sono arricchite con la consapevolezza e l’esperienza. Ora Sansa è capace di avere il controllo della sua vita, di rispondere a tono a Myranda, di affrontare l’ennesimo matrimonio indesiderato a testa alta e senza versare una lacrima. E probabilmente avrà la forza di rialzarsi dopo la violenza e di fare tesoro anche dell’ennesima prova cui è stata sottoposta. Gli autori hanno fatto un regalo a Sansa Stark affibbiandole l’ennesima ingiustizia, l’ennesima sfida: la sua forza ha l’occasione di crescere ancora e di manifestarsi sempre più.
Il compagno di avventura capitatole in sorte, inoltre, non poteva essere più incantevole: il deforme vigliacco e obbediente Reek. Alfie Allen non fa che confermare le sue straordinarie doti attoriali: è così bravo che sembra che Reek esista davvero. Me ne accorgo perché, ogni volta che entra in scena, il suo dramma è talmente tangibile da farmi piangere. Theon Greyjoy si era venduto ogni brandello di dignità con la sua spocchia e la sua stupidità; Reek ha riguadagnato tutto. Ora che il suo corpo è dilaniato, che prova vergogna per i crimini commessi, ora che si disprezza per quello che è ed è stato e ha il coraggio di avere paura del suo aguzzino, il suo personaggio giganteggia. La scelta di fare accompagnare la bellissima e austera Sansa, vestita come una regina delle nevi, dal tremante Reek è stata vincente così come quella di raccontare lo stupro attraverso i suoi occhi. Reek l’obbediente non ha potuto evitare di eseguire l’ordine ma non ha saputo neppure impedire alla sua umanità di venir fuori in lacrime di pietà e pentimento.
Episodio controverso ma carico di tensione; fa venir voglia di vedere al più presto il prossimo.