Uscirà mercoledì 9 aprile l’edizione in Home Video di Frozen – Il Regno di Ghiaccio, l’avventura animata dello scorso Natale campione d’incassi.
La pellicola, infatti, oltre ad aggiudicarsi due premi Oscar come Miglior Film d’Animazione e Miglior Canzone Originale (con il brano Let It Go, cantato in lingua originale da Idina Menzel), ha raggiunto ben oltre 1 miliardo di dollari solo di proventi cinematografici, diventando il maggior incasso animato di sempre.
Frozen – Il Regno di Ghiaccio sarà disponibile in DVD, Blu-Ray e Blu-Ray 3D. Ecco la nostra recensione!
Un’avventura magica, frizzante e a tratti divertente. Potrebbe riassumersi così Frozen – Il Regno di Ghiaccio, l’ultimo capolavoro firmato Disney, diretto da Chris Buck e Jennifer Lee, che aggiunge un nuovo titolo alla lunga serie dei cosìdetti Classici Disney. Tuttavia non è tutto oro ciò che luccica (a volte può essere… ghiaccio!) Ma andiamo per ordine.
Frozen – Il Regno di Ghiaccio racconta la storia della principessa Elsa, primogenita della famiglia reale di Arandelle, una piccola città dall’aspetto molto scandinavo. Elsa è nata con il particolare potere/dono/maledizione di creare ghiaccio e neve, potere che diventa ogni giorno più potete e difficile da controllare. Quando per sbaglio ferisce la sorellina Anna, che riesce a salvarsi solo grazie all’aiuto del Re dei Troll, la vita di Elsa viene stravolta. La principessa è costretta all’esilio nella sua stanza, senza alcun rapporto con il mondo esterno e, soprattutto, con la sua amata Anna, tutto per paura di causare ulteriori sofferenze a chi la circonda.
Dopo poco, però, i genitori delle piccole muoiono in un tragico incidente, lasciando così le figlie orfane, separate e sole.
Il destino della casa reale sembra pronto a cambiare, quando Elsa viene incoronata regina di Arendelle. Tuttavia, durante la cerimonia di incoronazione, Elsa perde il controllo del suo potere, trasformandosi in pochi minuti dalla regina dal futuro florido e quello di strega cattiva.
La nuova regina fugge dal castello, spaventata, furiosa e confusa, gettando sul regno un gelido e perenne inverno.
Anna decide di mettersi in viaggio per cercare la sorella, affrontando la neve e il gelo. Incontrerà sulla sua strada una serie di bizzarri personaggi, tra cui Kristoff, un rude raccoglitore e venditore di ghiaccio, la sua affettuosa renna Sven e Olaf, un simpatico pupazzo di neve dal cuore sincero.
Soltanto grazie al loro aiuto e al suo amore verso Elsa riuscirà a salvare il regno e a portare pace e prosperità ai suoi abitanti.
Frozen è un omaggio alla tradizione dei grandi Classici Disney, quelli che hanno davvero fatto la storia e la fortuna della grande compagnia. Una storia musicata tipica dei film anni ’90 quindi, che vede Christophe Beck, Kristen Anderson Lopez e Robert Lopez portare l’enorme fardello di questa scelta. Una scelta rischiosa ma entusiasmante, che però ha dato nel tempo risultati altalenanti.
Molto liberamente ispirato alla fiaba di Hans Christian Andersen, La Regina delle Nevi, Frozen ne rielabora i contenuti, preservando il carattere magico che avvolge la storia originale. Frozen è un film semplice, apparentemente adatto per un pubblico giovane, ma che nasconde messaggi importanti, che probabilmente i piccoli non capteranno.
È perciò un film per tutti? Non proprio. Ai piccoli giungerà senz’altro l’immediatezza della immagini e le situazioni di una fiaba per bambini, dove l’amore trionfa e il bene vince sempre. La profondità del messaggio, però, quella che potrebbe interessare ad un pubblico più “cresciutello“, viene affrontata con leggerezza, solo un accenno ai temi che avrebbero potuto stravolgere il giudizio finale del film, senza intaccare l’esperienza dei più piccoli. Parliamo dell’emarginazione, del disagio psicologico dei protagonisti, delle scelte errate che ogni genitore può fare nel crescere i propri figli.
Il nemico da combattere, infatti, non è un perfida strega, o un villain qualunque, ma la solitudine imposta ad Elsa, per la sua sicurezza e quella degli altri, gli effetti che la perdita di ogni contatto con il mondo e la repressione della propria personalità hanno sulla felicità di ognuno, l’esclusione di un dono visto come pericoloso, e la conseguente emarginazione.
Il ritorno su una sceneggiatura basata sul musical non è stato troppo esaustivo. Nella prima parte, occupata da un troppo lungo prologo, le parti cantate si alternano ad un ritmo incalzante, che rallenta ben presto lasciando spazio alla storia vera e propria, fatta di fantasy, sequenze rocambolesche e la presentazione dei personaggi comprimari, che aggiungono un pizzico di vivacità al lentissima sceneggiatura. La sensazione finale è quella di non riuscire a capire il senso di tutto, ritrovandosi a credere, almeno fino a dieci minuti dalla conclusione, di vedere ancora il prologo di tutto, a guardare l’orologio e chiedersi: “ma se siamo ancora alle presentazioni, quanto durerà ancora?” e rimanere poi delusi dallo slancio finale fin troppo veloce che, seppur di breve durata, e magari scontato per alcuni (stiamo sempre parlando di un film per bambini), arricchisce la pellicola di quei colpi di scena che non accontentano solo la platea di piccolissimi.
C’è quindi qualcosa di positivo in Frozen? La Disney si è da sempre distinta per i suoi fantastici lungometraggi realizzati in animazione tradizionale, che ancora oggi non perdono il fascino dei tempi che furono. Poi è arrivata la Pixar, che ha fatto il suo ingresso nella compagnia con quel carattere innovativo, e inconfondibile, chiamato Computer Grafica. Successivamente la Disney ha deciso di mettersi al passo coi tempi, cominciando ad utilizzare la CG anche per i Classici.
Seppur con risultati non scadenti, la scelta non mi è mai andata a genio, vuoi perchè sono troppo legato ai film con cui sono cresciuto, vuoi perchè in questo modo si perde quella magia che da sempre ha caratterizzato questo genere. Con la rivoluzione fatta dalla Pixar, poi, è comprensibile che pellicole che utilizzano motori grafici non troppo evoluti, almeno non a livello di altre realizzazioni, non riescano a sorprendermi.
Ma con Frozen è un discorso a parte. La Disney si è davvero superata per questo progetto e, seppure il character design non sia perfetto, peccando malamente in alcune sequenze, la spettacolarità dei colori, dei paesaggi innevati, i giochi di luce del ghiaccio e della neve, l’accuratezza nei costumi, ci fanno fanno vivere un’esperienza visiva di sicuro impatto.
Tornando al comparto sonoro, le canzoni non hanno tutte la stessa incisività. Probabilmente, tranne alcuni casi, come ad esempio la premiata Let It Go (All’alba sorgerò), la simpatica Fixer Upper (Un problemino da sistemare) o For the First Time in Forever (Oggi per la prima volta), non molti ritornelli torneranno alla mente dopo aver visto il film, come accadeva invece con le canzoni indimenticabili di lungometraggi come La Sirenetta, Il Re Leone, Pocahontas o Alladin. Tuttavia i numeri non risentono della traduzione italiana, la maggior parte cantati dalle doppiatrici delle protagoniste Serena Rossi e Serena Autieri, ed è fattore positivo da non sottovalutare per chi non ha visto e non vedrà mai il film in lingua originale.
Concludendo, non c’è nulla di nuovo in Frozen – Il Regno di Ghiaccio. Un mix di situazioni basate sull’amore, sull’affetto, sulla sincerità, unite alla magia, alla presenza di personaggi di contorno memorabili, al divertimento per i piccini. Ed è questo che loro vogliono. Basti guardare gli incassi da record della pellicola per capire che, anche con tutti i problemi di Frozen, dei buchi nella sceneggiatura, della superficialità su alcuni temi trattati, della mancanza della scintilla che ha reso indimenticabili i passati capolavori Disney, la major si basa oggi sulle sole richieste del giovane pubblico, accontentandosi della buona sensazione a fine film negli adulti.
I piccoli non apprezzeranno ogni aspetto e non capiranno fino in fondo il vero asse portante del film, ma si lasceranno trasportare dalle avventure sincere in cui il bene trionfa e dal comparto visivo che lascerà tutti senza fiato.