È andato in onda lo scorso sabato su BBC One il nuovo episodio dell’ottava stagione di Doctor Who, la longeva serie fantascientifica dei Signori del Tempo, dal titolo “Death in Heaven“. Cosa è accaduto nella nuova puntata?
[su_note note_color=”#fff9a6″ radius=”6″ su-note-inner=”box-spoiler” ]Avvertiamo i lettori che la seguente recensione contiene spoiler sulla trama. Se non hai visto l’episodio o non vuoi rovinarti eventuali colpi di scena non continuare a leggere![/su_note]
Death in Heaven non funziona altrettanto bene come Dark Water. Il motivo principale è che è più facile per Moffat fare una parodia affettuosamente citazionistica dei finali di Davies. Questo semplicemente non è il tipo di finale di stagione con cui Moffat ci ha abituato. Questo è un ritorno a episodi come “The Parting of the Ways“, “Doomsday“, “The Last of the Time Lords” o “Journey’s End” – ovvero il classico addio emotivo.
Questa è una cosa diversa da “The Name of the Doctor“, “The Wedding of River Song” o “The Pandorica Opens“. È molto più un “evento” costruito intorno un avversario iconico e l’addio di un compagno di lunga data. È un episodio pieno di grandi scene emotive e mozzafiato, che pone la Terra in balia di una massiccia minaccia extraterrestre. Eppure, nonostante ciò, Death in Heaven per lo più funziona, anche se non come potrebbe: certamente non è lo script più forte della stagione, con le sue sconnessioni, tuttavia riesce a sfruttare l’hype degli spettatori e i temi centrali che si sono creati durante la stagione.
Il Master si trasforma in una sorta di pantomima, è un criminale senza una motivazione tangibile, e nessuna vera consistenza. I Daleks e i Cybermen sono spesso incoerenti, e il Maestro è stato un personaggio abbastanza inusuale anche negli episodi “Logopolis” e “Castrovalva“. Gomez è assolutamente meravigliosa. Come con il Master di Simm, si sente come si sia ispirata molto ai precedenti attori che hanno interpretato il ruolo prima di lei e tende quasi a rendergli omaggio. L’episodio abbraccia l’assurdità del personaggio, con un piano deliziosamente complesso e contorto che si trasforma in ultima analisi.
Qual è il problema più grande con Death in Heaven? C’è un senso di disagio in tutto questo, come se Moffat stia cercando di parlare in una lingua a lui comprensibile, ma di cui non ha abbastanza dimestichezza. In “The Sound of Drums“, la lezione del Maestro circa il corretto uso della parola “decimare” era sia orribile che cupamente divertente. Qui, la minaccia di Missy di distruggere il Belgio è un richiamo ironico a “Time-Crash“, ma non se ne coglie il lato umoristico. Si sente come Death in Heaven sia in conflitto con se stesso.
I riferimenti e la struttura del finale alla Davies non si amalgamano del tutto comodamente con l’approccio di Moffat. Moffat ha il suo stile particolare, in cui la rivelazione tende a lavorare di più sul tema d’esposizione. Davies lavorava nei suoi finali con un riferimento o due al suo deus ex machina, anche se ancora come una soluzione arbitraria. Al contrario, Moffat costruisce i suoi grandi finali per nuclei tematici, piuttosto che in punti della trama.
Prendiamo in considerazione l’uso dei flashback agli episodi precedenti al culmine di Death in Heaven. Si tratta di una tecnica che Davies avrebbe usato nei suoi finali per dimostrare che aveva effettivamente creato qualcosa nella trama – si pensi al “lupo cattivo”in “Bad Wolf“, o tutti gli elementi che si uniscono al culmine di “Utopia” per identificare il professor Yana. Al contrario, i flashback di questa puntata non hanno nulla a che vedere con i dettagli della trama: invece, forniscono una sommaria linea tematica per Moffat.
L’episodio va in una direzione piuttosto interessante riducendo i Cybermen a poco più di sicari. Vengono usati da Missy allo stesso modo in cui lo furono i Toclafane. Non vi è alcun CyberLeader, e difatti la loro invasione è senza personalità. Anche se i loro metodi sono inquietanti e scomodi, esistono principalmente per fare di Missy una minaccia più credibile. In un certo senso, Death in Heaven ha riconosciuto alcuni dei problemi di identità che i Cybermen hanno avuto nel corso degli anni.
Questo è il gancio intelligente di Death in Heaven: la storia non è sull’invasione aliena o la resurrezione dei morti o la conquista del pianeta. Nonostante ciò che si è costruito intorno alla rivelazione dei Cybermen e del Maestro, il cliffhanger effettivo è dato da Danny che cerca di affrontare il proprio senso di colpa. L’invasione Cyberman e la violenza di Missy sono entrambe distrazioni. Missy non vuole governare il mondo o costruire un esercito. Vuole solo far sapere che il Dottore non è diverso da lei. Vuole sapere che il Dottore non è, rivedendo la domanda articolata in “Into the Dalek“, “un uomo buono“. Vuole la prova che il suo amico d’infanzia non è del tutto perso, e che si può ancora riunire con lui. Mentre il Maestro aveva bisogno di rassicurazioni personali in modo simile a “The Last of the Time Lords”, dove implora il Dottore di sentire i tamburi che lo hanno spinto, ma non era così chiaramente in primo piano come lo è qui.
Death in Heaven riporta in primo piano una serie di temi che sono stati ricorrenti durante la stagione: “può essere un grande uomo, ma è buono?” Anche se il Dottore respinge la domanda fino alla fine della puntata, è Missy che porta la risposta. Missy si presenta come un riflesso oscuro del Dottore, dopo tutto. Ha anche reinventato se stessa come una scozzese, al fine di rispecchiarlo in modo più efficace. Così, mentre il Dottore è stato occupato a infiltrarsi la classe operaia, Missy ha sfruttando “i resti mortali e le ricchezze di ricchi idioti“. In fin dei conti la puntata ci vuole mostrare come il Dottore sia un po’ ipocrita quando si tratta di queste questioni – come il suo rapporto con la UNIT. Si rifiuta volutamente di far il saluto ai Responsabili della Unit, ma quando Kate Stewart sottolinea che suo padre avrebbe voluto il suo saluto militare, il Dottore osserva che avrebbe solo dovuto chiederlo… ma prende la carica di Presidente abbastanza comodamente.
Jon Pertwee è diventato un confronto perenne per Peter Capaldi. Ci sono molte ovvie ragioni: Pertwee è stato istruito da un attore più vecchio quando ha preso il ruolo, molto simile a Capaldi. Capaldi è spesso vestito con un cappotto foderato che evoca Pertwee. Entrambi gli attori sono alti e magri con i capelli bianchi. In un certo senso, Death in Heaven gioca su queste somiglianze, e gioca su un sacco di contraddizioni interne dell’epoca Pertwee e sulle difficoltà a conciliare quella fase dello show con quello che sappiamo sul Dottore. Dopotutto il terzo Dottore era un impiegato statale, ha fatto parte dello Stato Militare. Veniva pagato e utilizzava strutture governative. Era il migliore amico di un soldato, nonostante la sua avversione per la violenza. C’è una dicotomia affascinante, qualcosa che non ha preso abbastanza forma in altre incarnazioni del personaggio. Per quanto il dodicesimo Dottore sembra sfidare e minare l’autorità, il terzo Dottore sembrava integrarsi con la classe superiore abbastanza bene durante la sua permanenza sulla Terra, e sembrava abituarsi ai privilegi accordati dalla UNIT. Qui, il Dottore sembra terrorizzato dal possedere quel genere di potere.
“Dai a un uomo una buona potenza di fuoco“, riflette Missy a un certo punto nell’episodio, “e non sarà mai a corto di persone da uccidere“. Il fraseggio si sente molto colpevolistico – richiamando proprio l’episodio di Moffat “A Good Man Goes to War”. Il Dottore è un uomo che è in grado di distruggere interi pianeti e sconfiggere armate. Il personaggio ha una storia di discutibili processi decisionali e di ambiguità etica. Death in Heaven suggerisce l’intero periodo di Pertwee come punto focale. Non dimentichiamo che Il Dottore si rifiuta di consentire a Clara di uccidere Missy, ma è perfettamente disposto a lasciare che il Brigadiere lo faccia risparmiando di dover commettere atrocità, lasciandolo fuori dai dubbi morali. È un momento che richiama l’attenzione sull’ipocrisia occasionale del Dottore. Per quando al Dottore non piacciano i soldati e uccidere, è disposto a usarli per i suoi scopi.
Questo tema si riflette nei Cybermen: questi guerrieri d’argento sono l’esercito perfetto. Non hanno nessuna emozione, nessun giudizio, nessuna opinione. Fanno quello che gli viene ordinato di fare, senza spazio per il sentimento umano o la compassione; in quanto tali, possono fare cose terribili. Tuttavia, Death in Heaven suggerisce che i soldati devono ricordare e mantenere la loro umanità. Danny salva il mondo proprio facendo appello all’umanità dell’esercito Cyberman.
L’episodio è abbastanza scaltro da non fare troppo angosciare il Dottore. Anche se avrebbe preferito mantenere viva Missy, non ci sono lacrime versate. Il Dottore non piange come ha fatto al culmine di “The Last of the Time Lords“. Il Dottore non è il personaggio che ha perso tutto. Il Dottore non è il personaggio che ha fatto un sacrificio impossibile. Death in Heaven riconosce che il Dottore punta ormai a sopravvivere sapendo che da qualche parte Gallifrey esiste ancora e che la morte di uno fà la salvezza di centinaia.
Death in Heaven pone anche il problema di Gallifrey per la prima volta dopo “The Time of the Doctor“. La ricerca del pianeta del Dottore non è stato uno dei temi principali come ci si aspettava. In effetti, Missy sembra volerci prendere in giro abilmente rivelando al Dottore che non si è nemmeno preso la briga di cercare il suo pianeta natale. “È tornato alla sua posizione originale” lo prende in giro, “non hai nemmeno pensato di guardarci?”
Naturalmente, Gallifrey non c’è. Tuttavia, il fatto che il Dottore viaggi con quelle coordinate dimostra che non ha ancora cominciato a cercare il suo popolo perduto. In un certo senso, in tutto il piano sinistro di Missy si sente come un cenno ironico per il possibile ritorno di Gallifrey. “I morti stanno tornando a casa, Dottore” si vanta. È una frase che si potrebbe altrettanto facilmente applicare alla resurrezione incombente dei Signori del Tempo, quanto alla conversione dei morti.
Death in Heaven non è l’episodio più forte della stagione, ma si tratta di un finale ben costruito che coinvolge molti dei temi conosciuto fino ad oggi. Finisce con quella che è stata una corsa trionfale per lo show, e allude a una grande promessa per il futuro.
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