Tante sono le riflessioni che un’“opera omnia” quale Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, ben rappresentata sul piccolo schermo dalla serie TV Il Trono di Spade, fa scaturire. Inesauribili le tematiche affrontate e le sfaccettature dei personaggi egregiamente ritratti.
Mi piacerebbe approfondire alcune di esse raccontando il mio punto di vista, senza la pretesa che sia l’unico possibile… come il maestro Martin insegna.
Una volta un appassionato lettore come me, uno di quelli che non si accontentano della superficie scavando nelle viscere di un romanzo, mi ha detto di notare nell’autore un certo “femminismo”. Donne molto forti e influenti popolano i sette regni, donne cui sembra essere affidato il compito di sopravvivere ai propri uomini (“Valar Morghulis, tutti gli uomini devono morire…ma noi non siamo uomini” dice Daenerys), di prendersi cura di loro o di dominarli. Madri, mogli, amanti, regine e guerriere, hanno davvero un ruolo preminente nella saga?
Una provocazione che mi ha lasciata nell’imbarazzo di non avere una risposta generale. Infine ho deciso di non rispondere affatto.
Vorrei proporvi, invece, i ritratti di quattro donne di Westeros. Le ho osservate alla ricerca di spunti ma senza trarre conclusioni
Forse è in questa chiave che leggo l’incesto che fa tanto chiacchierare Westeros: per Cersei, Jaime è la parte maschile di cui sente la mancanza. D’altronde quante volte si lascia sfuggire che gli dei avrebbero dovuto farla maschio! Se Jaime ama Cersei , dunque, di amore passionale, sua sorella – amandolo – continua ad amare se stessa: se stessa riflessa in lui, come lei stessa sarebbe se fosse uomo.
Il ritratto di Cersei è quello di una donna invincibile, con un solo punto debole: l’essere madre e madre di figli in costante pericolo. Figli che rendono esitante il suo passo fiero, che preoccupano il suo animo sicuro.
Martin è “femminista” nel descrivere personaggi come Cersei? Sicuramente dipinge una donna che basta a se stessa: gli unici uomini che possono farla vacillare sono venuti dal suo stesso grembo. Arriverà mai qualcuno, dall’esterno, capace di mettere a rischio tutto ciò che ha costruito, l’impero che ha fondato su se medesima, sulla sua bellezza, sulla sua forza?
Penso che molti di voi conoscano già la risposta: portata dalla brezza di Alto Giardino, un’altra donna – sarà un caso? – arriverà a piegarla letteralmente in due: il suo nome, Margaery Tyrell.
Brienne di Tarth, la vergine guerriera. Una donna che ha ben poco di femminile, a guardarla… ma non a leggerla. Anche lei è uno di quei personaggi cui qualcosa è stato rubato alla nascita: la bellezza. La conosciamo innamorata persa di un re, la ritroviamo arrossire dinanzi al fascino graffiante di un buffone spergiuro dal cuore tenero. Una femminilità messa a dura prova, quella di Brienne: schernita fino all’intollerabile, sembra quasi conviva serenamente con il suo corpo brutto nascosto da elmo e corazza. Sembra averne fatto il suo nuovo credo.
La domanda che ci poniamo è: dà l’autore alle donne un potere e uno spazio maggiori di quanto ne riservi ai personaggi maschili? Non posso dare risposte assolute, né generali né particolari, ma posso fare delle osservazioni.
Nella coppia Brienne-Jaime è lo Sterminatore di re, indubbiamente, a brillare di luce più intensa ma non di luce propria: neppure lui, come molti uomini della saga (e della vita reale!) sembra poter fare alcun passo in avanti (o indietro) senza l’incontro con una donna.
Brienne è la donna dei suoi progressi, la miccia che accende la sua crescita come uomo e come personaggio. E non è come se avesse incontrato un buon amico che lo spinga a riflettere: Jaime Lannister incontra una donna, con i suoi occhi blu, la sua forza e la sua estrema fragilità ed è per una donna che esce dai suoi schemi cominciando a mettersi in gioco come mai aveva fatto prima Sansa Stark: la piccola lady, la principessa delle fiabe capitata nel romanzo sbagliato.
Forse costruita per farci passare dall’antipatia alla compassione, sentimenti che in me non ha mai suscitato. Umana, troppo umana nei suoi desideri, nei piccoli egoismi. Bambina nell’ingenuità di non vedere il male neppure quando esso è evidente.
Che Joffrey fosse un idiota era palese a tutti noi dalla sua prima apparizione, perciò non potevamo non provare un senso di distacco nei confronti di una ragazzina che, accecata dal sogno, lo venerava come un dio.
M
Non è una dote solo femminile nella saga, per questo non posso riallacciarmi a un presunto femminismo dell’autore affermando che Martin abbia fatto il dono della resistenza (e della resilienza) solo alle donne. Però credo che, nonostante un po’ tutti i personaggi siano chiamati a questo tipo di esercizio, i più umani, i più forti, i più capaci di conservarsi e di spingersi avanti più o meno intatti siano due e, chissà se per caso, finiscono per sposarsi.
Margaery Tyrell: la rosa che fa perdere sangue ai leoni, la ragazza che vuole diventare regina. Il ritratto della determinazione: pronta a tutto pur di raggiungere i propri scopi. Non sappiamo decidere se è un personaggio positivo oppure no: non fa male a nessuno, è vero, ma non prova alcun imbarazzo nel passare dal cervo al leone ed è visibilmente meno integra persino di quel “cattivo” che diviene presto suo nemico giurato, Cersei Lannister.
La giovane Tyrell non ha bisogno di diventare uomo per dominare: le bastano le sue armi di donna, che potenzia fino a renderle invincibili. Dolcezza e gentilezza per conquistare prima Joffrey poi Tommen, fino a farli schiavi della sua volontà; pazienza e persino remissività, che le permettono di accettare senza battere ciglio prima un marito omosessuale poi un pazzo sanguinario.
Margaery rappresenta l’antiCersei: la sua forza non è ruggente ma lavora nel silenzio e, come spesso accade, ottiene risultati sorprendenti. Che abbia puntualmente la meglio sulla fiera leonessa, nonostante i continui e penosi sforzi di lei, credo potrebbe offrirci uno spunto di riflessione importante: la donna- donna vince contro la donna- uomo. A spuntarla, insomma, sembra essere una donna cui gli uomini non interessano che come pedine: né come amanti né come modelli da seguire.
Se dovessi assecondare la tentazione di “tirare le somme”, non potrei non notare che la donna che fa più affidamento sul suo essere donna risulta anche la più infallibile. Preferisco, però, non spingermi oltre questa suggestione: i personaggi del “mondo martiniano” sono tanti ed estremamente ricchi. Così veri da sembrare di carne, mi sembrano talmente unici che credo impossibile inscriverli in qualsiasi categoria.
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